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Fira del cistell de Salt 2017

Salicevivo – XX Fira Internacional del Cistell de Salt – Catalogna

Il 7 e 8 ottobre si è svolta a Salt, in Catalogna, la “XX Fira Internacional del Cistell de Salt”.

Una manifestazione  che in occasione del  suo ventennale  ha riunito  oltre 70 cestai provenienti da  Spagna, Italia, Francia, Polonia, Danimarca, Stati Uniti, Inghilterra… in un susseguirsi di tecniche antiche e di materiali rigorosamente naturali, con un’ esposizione vastissima  di oggetti di  uso comune  spesso  arricchiti  dalla fantasia degli artigiani, capaci di trasformarli in vere e proprie opere d’arte o preziosi complementi d’arredo.

Non solo cesti e panieri di ogni foggia e dimensione,  ma anche borse, lampadari, culle, ornamenti, suppellettili,  vassoi, capanne, cappelli e ogni sorta di oggetto ottenuto  intrecciando fibre vegetali. Intrecci di salice, di canna,  di sparto (Stipa tenacissima), intrecci con  erbe  palustri (Thypa latifolia), con midollino, paglia, palma, olivo, castagno, sanguinello ed altri ancora.

Tra  tutti  i  materiali  il più utilizzato  è sicuramente il salice, sia  sbucciato che  naturale e  in una gran varietà di tonalità di  marroni , di  verdi, di  gialli e persino di  blù. Salicevivo quindi non poteva mancare.
La partenza da Urbino:  venerdì mattina molto presto, alle 4,00.
I viaggiatori: Viviana, Luisa, Nico e Gabriela, Franco e Vittoria.
Il carico:  cesti,   cibarie di ogni  genere e  buonumore.
Inconvenienti: una sosta  forzata di quasi nove ore, causata dalla rottura del pulmino preso in affitto, che non è riuscita  a rovinare il  buonoumore  ma che ha dimezzato le provviste …

 

Nella fiera sono stati allestiti  due stand, uno  riservato  a Salicevivo  e uno a Creazioni Gienne. Nel primo  sono stati esposti i lavori dei vari associati   e nell’altro  i lavori  di   Nico, ma   senza divisori, creando uno spazio unico che è stato vissuto in ogni   momento del giorno.  Uno spazio dove  si sono mostrati i propri  lavori e ammirati quelli degli altri,  dove si sono raccontati aneddoti e scambiate  conoscenze, dove si sono discusse opinioni e fatti progetti, dove si è intrecciato, mangiato, riso  e scherzato.

I due giorni  trascorsi a Salt  sono stati   intensi e pieni, in un’atmosfera di festa e sotto un sole piacevolmente estivo.  Belli i colori  dei muri intonacati e tappezzati di bandiere e striscioni a favore del referendum per l’indipendenza catalana, che aldilà del loro significato conferivano alle case un aspetto festoso.  E a testimonianza di una tradizione viva e sentita, quella del “cistell”,  gli abitanti di Salt avevano adornato i balconi e i terrazzi delle loro case con cesti e oggetti intrecciati di uso domestico.

Protagonisti  della manifestazione  ovviamente tutti  gli artigiani, che in  un  continuo via vai  da uno stand all’altro si scambiavano saluti,  complimenti, materiali, utensili, tecniche ed esperienze… e probabilmente anche qualche pettegolezzo. E la cena di sabato sera,  con  i partecipanti riuniti attorno ai tavoli disposti sotto il sagrato della  chiesa del 1600 dedicata a San Cugat de Salt,    è stata  un momento conviviale coinvolgente e distensivo. Con un menù semplice e gustoso: “fideus  al sugo di pesce” , “paella con verdure” e una insalata con una deliziosa salsa all’aglio. Torta e naturalmente vino.

Il ritorno  è stato senza intoppi, con una breve visita a Girona e alla sua spendida Cattedrale. E all’incredibile e fatato laboratorio di falegnameria del signor Armand Lladò ricavato all’interno di un teatro in disuso.

I viaggiatori sono arrivati a casa di Viviana molto stanchi ma soddisfatti. Di certo arricchiti da questa esperienza, con la voglia di sperimentare nuovi intrecci e già pensando alla prossima meta del 2019:   la Polonia?

Luisa Busetto

Festa del Duca 2016

CONCLUSIONI FESTA DEL DUCA 2016
a tutti i soci di Salicevivo ed anche ad altri

 

Volevo scrivere qualcosa sulla Festa del Duca di Urbino di quest’anno ma…la voglia… il tempo… l’ispirazione…
La voglia ? lo volevo fare quindi la voglia c’era.
Il tempo… tutte scuse… L’ispirazione? Ecco era proprio questa che mi mancava !
Ed è arrivata.
Grazie ad una bella chiacchierata fatta questa mattina con una persona che conosco.
Ed eccomi qui.

Vi parlerò del gioco, un gioco per divertire, per stare bene, un gioco educativo, un gioco per crescere, un gioco con delle regole da seguire, insomma, un gioco con la G maiuscola.

Definizione di gioco:  (di proposito rubata all’enciclopedia dei ragazzi )
–  attività fondamentale per gli esseri viventi
–  possiamo dilettarci a cambiare le regole di un gioco però una volta stabilite dobbiamo impegnarci a rispettarle.

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Sono due le condizioni basilari che permettono di distinguere il gioco da altre importanti attività umane.

–  la prima, deve trattarsi di una libera scelta (possiamo stabilire autonomamente quando iniziare e quando interrompere un gioco); – la seconda riguarda la finalità: il divertimento (ci mettiamo a giocare con l’obiettivo principale di trascorrere un po’ di tempo in maniera piacevole).

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A questo proposito, dobbiamo considerare che ciò che fa di un’attività un gioco non è il tipo di azione che compiamo, ma lo spirito con cui la svolgiamo.

Per svolgere un’attività di gioco dobbiamo avere a disposizione delle specifiche risorse. In particolare servono: dei materiali da maneggiare (salici), dei compagni da coinvolgere (soci e appassionati), un regolamento da seguire (uno statuto), alcune competenze a cui attingere (maestri, viaggi, libri), e, infine, il tempo, la voglia (e ci risiamo) e uno spazio adeguato… Non è necessario però possederle proprio tutte.

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Si ho trovato la giusta definizione di cio’ che mi frullava in testa, per quello che mi riguarda devo dire  che grazie al mio lavoro ho giocato buona parte della mia vita, grazie alla mia casa ho continuato a giocare, grazie alle persone di cui mi circondo il gioco continua…altrimenti  non vale… ( come si dice appunto nel gioco )
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La festa del duca ?
Bene abbiamo chiesto aiuto e l’aiuto e’ arrivato numeroso, tutto ha funzionato….nonostante la mancanza della famosissima colonna romana… certo, ci sono alti e bassi, nella nostra associazione, ma non dimentichiamo mai l’obiettivo :  giocare a intrecciare e a mantenere viva questa bellissima tradizione, pochi o molti a me non importa, l’importante e’  convinti !

Viviana

P.S.: domenica sono andata a Iesi ad un mercatino, i più interessati ai cesti e alle mie mani che lavoravano… erano i bambini.

Ciao

SALICEVIVO APPRODA IN SARDEGNA

SALICE VIVO approda in sardegna

Invitata dalla Proloco e dal Comune di Santa Giusta (Oristano), una nostra delegazione ha partecipato alla famosa manifestazione IS FASSOIS che ogni anno si svolge sulle rive dello stagno locale.
L’evento unico del suo genere vede protagonisti i fassoni una tipica imbarcazione realizzata con erbe palustri (lisca e giunco) che veniva utilizzata in laguna e nelle paludi vicine per la pesca col palamito, con le nasse, con le reti.

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Ambientata all’interno di un bellissimo boschetto di eucalipti la festa si svolge nell’ultimo fine settimana di agosto e richiama gli artigiani del Campinese con i loro manufatti. Quest’anno si e’ voluto abbinare all’arte della costruzione dei fassoni anche gli intrecci nell’espressiva arte dei cesti.
I nostri soci Caio ed Elis sono stati pertanto invitati ad esibirsi nella costruzione del loro cesto tradizionale della Lessinia veronese affiancandoli ad un cestaio locale che intreccia l’olivo e la canna.
L’ospitalità sarda ha dato il meglio di se offrendo tutta l’assistenza necessaria affinché le dimostrazioni avvenissero in contemporaneità alle tradizionali sfilate  dei regatanti in costume tradizionale di Santa Giusta.

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Inoltre i cestai hanno potuto socializzare con gli organizzatori ben guidatj dall’instancabile Vittorio presidente della proloco locale sedendosi al loro desco per gustare i prodotti che lo stagno offre : anguille, muggine, granchi e bottarga.
I numerosi partecipanti alla festa hanno cosi potuto conoscere dei manufatti diversi dai loro  fatti con materiali vegetali a loro perlopiù sconosciuti.
Di per contro la nostra delegazione ha conosciuto nuove modalità d’intreccio che andranno ad arricchire il patrimonio culturale della nostra associazione.

Molto gradito l’invito del sindaco di Castelsardo che ci ha proposto di visitare il famoso museo dell’intreccio dell’omonimo paese.
L’incontro ufficiale con il dottor Nicola Russo direttore del museo ha potuto svolgersi qualche giorno dopo la regata de Is Fassois durante il quale vi è stato un proficuo scambio di informazioni tra le diverse forme della cesteria sarda e quella continentale.
Il museo è stato ricavato all’interno del castello medievale e contiene un patrimonio della cesteria mediterranea. Come Associazione abbiamo donato al museo un nostro cesto, un manuale che narra la sua storia nonché le modalità per l’intreccio.
Il direttore ha contraccambiato regalando per il nostro piccolo museo un bellissimo cesto tipicamente costruito con fieno marino e rafia, che arricchirà la nostra ben nutrita raccolta di cesti.

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La pubblicità cartellonistica e mediatica fatta all’evento ha inoltre richiamato altri cestai che da altre località (Cagliari ed Olbia) che  hanno così potuto confrontarsi con i nostri cestai.

Da questo evento pensiamo possa continuare anche per il futuro una collaborazione che porti la nostra associazione ad affermarsi ancor più a livello nazionale quale promulgatrice di un’arte antica che, se ben conservata attraverso l’intreccio continuo di esperienze così culturalmente diverse ne scongiuri la cancellazione dalla memoria delle popolazioni che ci succederanno.

Caio il Cestaio

Intrecciare nuove conoscenze

SALICEVIVO e l’arte di intrecciare nuove conoscenze

Mi sono imbattuto nell’arte dell’intreccio una sera che cercavo informazioni sui salici tramite internet. Frequentavo da diversi anni
Facebook e su questo social network ho incontrato Betta Calzini, un’instancabile intrecciatrice di Urbino.
Non so se credere o meno alle coincidenze ma in questo caso mi sembra proprio che valga la pena di crederci. Io cercavo delle talee di salice e lei, con il suo bel sorriso che connotava la sua bontà d’animo, guarda caso le coltivava in vaso e si rese subito disposta a regalarmele.

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Chattammo per alcune serate dopodiché ci mettemmo
d’accordo per incontrarci ad Urbino dove mi avrebbe dato le tanto sospirate talee di salice da piantare nel mio “Sito dei sogni” in altavaltramigna nella Lessinia orientale.Dopo quell’incontro ne seguì un altro dove venni invitato insieme a mia moglie Elis, ad una serata presso “la casa delle vigne”un centro di educazione ambientale dove si stava svolgendo un corso di cesteria. Li conobbi Viviana Reggiani, Enzo Fucili, Carlo Borghi ed il resto dell’Associazione Salicevivo.

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Mi si aprì come d’incanto un nuovo mondo fatto di gesti antichi e di saperi quasi dimenticati dall’uomo: l’arte dell’intreccio. Dopo di quell’incontro nulla più fu come prima. La passione dell’intreccio ci prese a tal punto da spingerci a sperimentare nuove tecniche e nuovi materiali oltre al cesto della Lessinia che già sapevo fare. Il nuovo cesto marchigiano ci intrigava grazie agli insegnamenti degli
urbinati. La ricerca dei materiali e la conoscenza delle nuove varietà di salici ci permise di utilizzare materiali prima sconosciuti e soprattutto ci stimolò ad “imbarcarci” in nuove avventure come la frequentazione di feste e fiere paesane dove poter sfoggiare la neonata passione per l’intreccio.

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Venimmo invitati altre volte ad Urbino dove l’ospitalità di Viviana e Marco superava ogni aspettativa per degli amici appena conosciuti. Nel loro stupendo casolare del ‘400 situato sulle colline a ridosso di Urbino vige un unico e condiviso modo di vivere: fare della cultura dei saperi una ragione di vita (compresa l’arte dell’intreccio).
Ora che io ed Elis siamo diventati “cestai per passione” siamo stati fagogitati dalla Ringaja, il gruppo storico degli artigiani della montagna veronese, e giriamo con il nostro laboratorio itinerante di paese in paese facendo conoscere quest’arte che rischiava di scomparire.

Organizziamo corsi di cesteria ovunque ci chiamino e la soddisfazione che proviamo nell”avviare nuovi adepti all’intreccio è grande. Ma tre volte all’anno, cascasse il mondo, dobbiamo tornare laddove ci è stata data la possibilità di iniziare un percorso di apprendimento praticamente infinito perchè inesauribile: Urbino.

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Con i suoi momenti gioviali della capatura, con “mani che intrecciano” che ci permette d’incontrare cestai di altre regioni, e con la Festa del Duca di ferragosto dove per tre giorni in abiti medievali diamo il meglio di noi cestai intrecciando ed esibendo i nostri manufatti nel centro d’Urbino dando la sensazione ai visitatori di rivivere quel periodo storico illuminato  che l’ha portato ad essere centro d’interesse per l’arte e la cultura.

Caio il cestaio

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 URBINO 18 E 19 GIUGNO 2016

E’ circa un anno e mezzo che frequento  il gruppo facebook “L’arte dell’intreccio“, mi ero appassionata un paio d’anni prima a questa arte antica e intrigante riuscendo finalmente a farmi insegnare come creare un panaro da un signore gentile del paese in cui abito.

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Ma mi ero fermata a quella piccola e grande tradizione locale. Quando Giuseppe Munforte mi ha introdotto a questo gruppo e al salice, materiale principe degli intrecci, che sconoscevo completamente, ho iniziato a divertirmi e ad imparare tante cose diverse non possibili con altri materiali e impossibili senza maestri.

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Il gruppo facebook fa capo all’associazione SaliceVivo, è grazie alle persone che ne fanno parte che non mi sono fermata più ad intrecciare (partecipando anche a un corso di zarzo condotto da Nico Solimano a Roma, nel 2015) ed è grazie a loro che ho conosciuto un mondo di persone che amano questo mestiere e vogliono diffonderne l’esperienza, nella condivisione generosa dei saperi, saperi che si stanno perdendo.

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Siamo partite dalla Sicilia io e mia figlia per partecipare a questa edizione di Mani che intrecciano, organizzata da SaliceVivo, molto onorata di essere stata invitata, e ospitata per giunta, e contenta di poter conoscere in carne e ossa le persone a cui devo tanto.
Non è facile raggiungere Urbino con i mezzi pubblici, ma ne è valsa la pena: la cornice di questo centro rinascimentale rimasto chiuso nel suo spazio (anche se le sue funzionalità sono stravolte) è incantevole e spiega la nascita proprio qui di questa associazione.

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Sono state due magnifiche giornate, passate gomito a gomito con molti degli intrecciatori che conoscevo solo telematicamente, provenienti da molte parti di Italia, ognuno con la propria ricchezza e complessità. Dalla Sicilia, Calabria, Lazio, Marche, Campania, Umbria, Veneto…dalla Catalogna, tante piccole e grandi esposizioni dei propri lavori e dei propri saperi: non solo cestai dei più vari materiali, anche intrecciatrici di carta, impagliatori di sedie, tessitori, ricamatrici di tombolo, hobbisti e non.

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Il tempo è passato veloce, nel timore di una pioggia sempre minacciata, conoscendoci, ascoltandoci, pranzando e cenando insieme.
Quando l’atmosfera il primo giorno  ha iniziato a riscaldarsi, già Sofia, mia figlia, stava sperimentando il telaio a tavolette, sono iniziati i laboratori spontanei  e, disordinatamente, in armonia abbiamo più o meno tutti imparato l’intreccio a nodi del crino marchigiano nelle sue declinazioni diverse, tra cui la spirale, subito appresa anche da Sofia curiosa di tutto.

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In mezzo alla piazzetta circondata dal portico riempito di tutti quei manufatti è comparsa una bella damigiana ed ha avuto inizio un bel lavoro a più mani inaugurato dalla base fatta con estrema maestria e precisione da Nico. Uno dopo l’altro ci siamo alternati nell’intreccio di questo mostro di vetro…continuando, almeno io, ad imparare.

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La domenica, iniziata all’insegna di una lieve pioggerellina, ci ha poi sorpreso con una bella luce d’estate e tanta nuova energia…e così alla mia richiesta di poter comprendere l’intreccio della paniera celtica ecco che parte un nuovo apprendimento attorno a un tavolo seguita da Enzo, per ore concentrata sulle mani e sulle loro azioni e quei legni  a cui possiamo far fare molto molto, prendendo appunti, facendo foto. I curiosi che passano e guardano e poi ritornano e vogliono provare.

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E così la piazzetta si riempie di persone sedute a terra a capannelli, diventa teatro di tanti scambi, anche persone di passaggio si fermano a passare qualche tempo ad imparare l’arte antica di fare. Sofia rispiega e trasmette quello che aveva appena imparato ad altri bambini e non solo, e il tempo scivola via.
Siamo tornate a casa contente e soddisfatte. Ho trovato persone amiche generose e disponibili. Una piccola comunità che condivide una passione e che crede di doverla far conoscere  e diffondere non per lucro, ma per il bene del mondo che si allontana sempre più dalla materia che lo circonda e che quella materia non sa più manipolarla.
Ho avuto conferma che stare insieme è importante, ci si sente più forti e meno pazzi e si partecipa di un apprendimento continuo, non solo di quello che non si conosce ma anche di quello che già si sa.

Grazie!

Silvia Onofri

Vallabrègues

Festa della cesteria di Vallabrègues

 

vallabregues01Dopo un lunghissimo viaggio – quasi infinito – da Urbino a Vallabrègues, eccoci arrivati. Siamo un gruppo di soci dell’Associazione SaliceVivo venuti a partecipare alla “Fête de la vannerie” a Vallabrègues, un piccolo paese di poco più di 1000 abitanti nella regione della Linguadoca-Rossiglione della Francia.
È un paese che si dedica alla cesteria: botteghe, produttori di salice e perfino un museo (il “Musée municipal de la vannerie et de l’artisanat”). Tutto qua parla di un antico mestiere più vivo che mai.vallabregues02
L’incontro si svolge in un bel parco con piante di acero centenarie che, nonostante la loro mole, non riescono a fornire riparo ai visitatori dal duro sole di fine agosto. Il parco è rigorosamente recintato con staccionate di vimine: dentro si trovano le strutture che ospitano gli espositori, un bar, un piazzale con tavoli, sedie e un punto di ristoro… è un luogo di incontro dove per primo salutiamo un nostro maestro, Philippe Guerinel, che negli anni passati è venuto nella sede di SaliceVivo ad Urbino a fare dei corsi.
vallabregues12Torniamo agli espositori. Mi rendo conto, guardandoli, che il luogo d’incontro è anche opportunità di confronto e scoperta di quanto ancora devo imparare.
Faccio alcune considerazioni: perché i loro cesti sono più belli dei nostri? Forse perché hanno un materiale di intreccio diverso, più lungo, tutto uguale di dimensione, svariati colori, ciò rende il cesto più armonioso. E c’è una grossa differenza tra noi e loro: mi trovo davanti a professionisti della cesteria, mentre noi non faciamo cesti per mestiere.

In Francia c’è una forte tradizione di cesteria, molto maggiore rispetto all’Italia. Le persone usano i cesti per fare la spesa, nei negozi espongono i prodotti in cesti locali. A Vallabrègues si respira questa tradizione camminando per le strade del paese e notando, per esempio, nei giardini delle case la vasca in muratura per mettere in acqua i vimini.

Girando tra le bancherelle della festa, vedo cesti piccoli, grandi, di forme strane; un espositore ha una montagna di cesti bianchi tutti uguali; un artigiano tedesco lavora continuamente sotto il sole, le sue mani sembrano una macchina impostata per una produzione automatica, tanto è veloce e preciso, sforna cesti anche di una certa complessità in poco tempo: il risultato è impeccabile. Niente da dire!

Un signore anziano di nome Leo, catalano, seduto al centro di uno slargo propone laboratori. Intorno a lui i bambini fanno cestini semplici con il midollino, che – mi spiega – è il cuore del rattan.
Si è tenuta un bellissima sfilata storica su i cestai del paese, con carrivallabregues16 traboccanti di cesti, trainati da cavalli; le donne e gli uomini in costume tipico dei primi del ‘900, quando il mestiere di cestaio era praticamente l’unico nel paese.
Non poteva mancare la visita al Museo della cesteria e dell’artigianato dove in mostra ci sono tutti i tipi di attrezzi usati per l’intreccio -rigorosamente in legno-, cesti di ogni fattura, foto e filmati d’epoca.
vallabregues17Vallabrègues è un’esperienza molto interessante per gli stimoli nuovi, nuove forme, tecniche straordinarie e materiali bellissimi: vi consiglio di andare almeno una volta  alla Festa della cesteria. È una gran bella esperienza!

Liberamente tratto dalla relazione di Carlo Borghi al ritorno dalla Festa di Vallabrègues

Prima del cesto

Intrecci e nuove esperienze

Sono nella sede di Salicevivo, l’Associazione che a Urbino si dedica all’intreccio del salice e di molto altro ancora. E’ una casa rustica, immersa nel verde e in perfetta sintonia con il paesaggio che la ospita. In ogni angolo, interno ed esterno, c’è un manufatto con qualsiasi fibra si trovi nei dintorni.pri010
Per questo motivo potrei essere anche in un altro luogo del mondo, in una delle tante località sperdute dell’Asia, dell’Africa o dell’America Latina dove gli involucri non sono frutto di operazioni industriali e i materiali utilizzati per gli oggetti della vita Il giardinoquotidiana provengono da ciò che la terra offre, talvolta spontaneamente, ma soprattutto attraverso il duro lavoro di chi in simbiosi con i ritmi della natura si dedica alla produzione delle materie che servono al sostentamento e alle esigenze quotidiane personali.   pri006   Sono qui perché oggi ci sono Josep e Magda, due abilissimi artisti dell’intreccio. Devo ammettere che quando mi è stato proposto di partecipare a questo incontro didattico-culturale, di cui parlerò in seguito, ero alquanto titubante.
Sono una neofita dell’intreccio e dover realizzare un cesto così come questi sconosciuti maestri ci diranno, mi mette un po’ di agitazione. Gli altri che oggi si trovano qui in procinto di fare la stessa cosa, sono esperti intrecciatori e per loro sarà semplice eseguire i passaggi che ci comunicheranno. Un’altra volta avevo provato a fare un cesto sotto la guida dei miei compagni odierni.
Mi avevano detto che ci avremmo impiegato parecchio tempo e non essendo esperta avevo sottovalutato il grande lavoro che occorre per realizzarlo.
Quella volta, uscii felice, con un bellissimo canestro, che mostrai a casa con orgoglio, ma consapevole che da sola non sarei stata in grado di riprodurlo, anche se erano state le mie mani a eseguire ogni passaggio, imitando e ascoltando chi era più esperto di me e che pazientemente si prodigava ad insegnare quell’arte antica e attuale che sancisce la continuità con il passato.
Sempre in quell’occasione fui consapevole che tutto quel lavoro era soltanto una parte irrisoria del totale.
Un giorno mi proposero di andare con loro a potare il salice, suggerendomi di mettere gli scarponi. Accettai volentieri, prefigurandomi di trascorrere un pomeriggio all’aperto in un giardino delimitato da alberelli e giudicai eccessive le calzature consigliate, ma ubbidii e mi recai all’appuntamento in perfetta regola. Andammo ugualmente, anche se piovigginava, perché mi dissero, il salice tra breve, avrebbe messo le gemme, vanificando in parte la possibilità di trasformare quegli esili steli flessibili in manufatti dagli usi diversi. Una volta a destinazione, notai con stupore che il giardino si trovava nella mia immaginazione. I salici ci aspettavano su una scarpatella, raggiungibile solo dopo aver attraversato un terreno impervio e fangoso. Una persona in bilico sulla pianta tagliava i grossi rami. Con stupore guardai ammirata le diverse operazioni che sancivano l’inizio di un lungo successivo lavoro, eseguito in gruppo con sintonia e collaborazione. Riflettei immediatamente su quanto questa attività, in cui era necessaria coordinazione, fosse coinvolgente e socializzante, ma anche faticosa. I grandi rami tagliati rimanevano aggrovigliati tra loro e occorreva che qualcuno li allontanasse da lì prima che altri rami cadessero sopra in un inestricabile groviglio. Una persona li trascinava velocemente in un altro posto e altre mani attingevano dal mucchio per dividere con le forbici quella gran quantità di materiale in rami di omogenea dimensione, mettendo i vari scarti – anch’essi suddivisi per tipologie, e quasi tutti comunque riutilizzabili in qualche modo – da un’altra parte.
Sottolineo ancora che tutto ciò non veniva fatto su suolo pianeggiante e lineare, ma sul bordo di un piccolo fosso, rimanendo con i piedi quasi sempre nell’acqua.
Mucchi e mucchietti di salice erano sparpagliati per terra, pronti per essere legati con una corda o con il giunco stesso e trasportati su un furgone, diretto nell’aia dell’Associazione.
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A questo punto non potevo mancare alle fasi successive dell’”operazione cesto”. La suddivisione non era ancora terminata! Quando, un paio di giorni dopo, arrivai nella sede di Salicevivo, molti erano già al lavoro.
Questa volta lo spazio era confortevole e facilmente agibile. Seduti in cerchio avevano iniziato l’ultima fase di riduzione ai minimi termini del salice, detta in gergo “capatura”, che consisteva nello slegare ogni singolo mucchio e adagiarlo sul terreno dove, quasi con gesto rituale, gli esperti ammiravano compiaciuti i rami e li separavano tra loro, in modo tale da rendere singolo ogni giunco, scartando ciò che non veniva giudicato idoneo all’intreccio.
Mi unii volentieri a quel ciarliero consesso. Munita di forbici da pota, mi adeguai agli altri, riponendo ogni stelo in un secchio, nonostante avessero lunghezze diverse. Mentre ero assorta in questi pensieri, prontamente una si alzò. Con grande maestria fece scorrere tra le dita il materiale separato e battendolo al suolo con gesti di semi prestidigitazione, ottenne mazzetti differenti a seconda della misura.
Chiesi se a questo punto fosse stata completata ogni fase preparatoria, ma ridendo mi risposero in coro che senza mettere in bagno il materiale e averlo fatto successivamente asciugare sarebbe stato difficile confezionare un cesto resistente. Nel frattempo erano arrivati altri volontari che si erano uniti al gruppo, tra chiacchiere e succulenti spuntini. Era quello uno spazio aperto in tutti i sensi, dove ognuno entrava e usciva a seconda delle competenze e del tempo a disposizione. Ogni contributo era prezioso e necessario alla finalità da raggiungere, ma costituiva anche una piacevole esperienza conviviale.
Riflettendo sulla genesi del mio essere qui oggi, incontro Josep e Magda, venuti dalla Catalogna ad insegnare il cesto più rappresentativo della loro terra. Ispirano simpatia.
Siamo in tanti.
Ci sistemiamo in una stanza accogliente, piena di salice di diverso colore, dimensione e lunghezza. Nei giorni precedenti anche altri del gruppo di Salicevivo hanno fruito di ciò che oggi ci accingeremo a fare. Josep e Magda ci mettono subito a nostro agio. Il cesto non sembra presentare particolari difficoltà.pri015
Anche io, aiutata nei passaggi più difficili da Magda, me la cavo egregiamente, fin quando non arrivo alla treccia finale del cesto, alquanto complicata. Con pazienza la donna, mi permette di superare l’ostacolo, seguendomi e guidandomi in ogni passaggio. Essendo in due si possono occupare di chi di volta in volta necessiti di un aiuto aggiuntivo, infatti, Josep realizza il cesto lentamente, fornendo tutte le spiegazioni, mentre la moglie esegue materialmente i passaggi di chi s’inceppa, in modo che nessuno rimanga indietro.pri016
Io sono quella che beneficia maggiormente della sua presenza. Il pavimento è ricoperto di scarti. Che confusione, tutte le sfumature del salice, aggrovigliate, sono sotto i nostri piedi a colorare la stanza. Qualcuno cerca di dare un tocco personale al cesto che sta per terminare, inserendo un nastro o facendo passare un giunco di colore contrastante intorno al manico, mentre canticchia e non permette a un altro di ascoltare Josep che racconta della sue molteplici attività legate al mondo dell’intreccio.
Avremo comunque modo di confrontarci, di rivelarci le reciproche esperienze bucoliche, e non solo, a tavola, dove ci attendono semplici, ma gustose pietanze portate da tutti. Josep e Magda, anche loro soddisfatti della giornata, raccontano, infatti, aneddoti del loro lavoro, ascoltando con attenzione le esperienze di noi tutti.pri018
Alcuni hanno delle capacità notevoli e molta creatività, riuscendo ad apportare modifiche estemporanee in corso d’opera o a concepire oggetti ornamentali o d’uso comune secondo l’estro del momento o la studiata progettualità per dar luogo ad opere uniche.cesto catalano
E’ bello fruire dell’esperienza di tante persone, che in diversa misura hanno la passione dell’intreccio. Per me è un privilegio essere qui oggi. Non so se diventerò una brava intrecciatrice, ma sono affascinata da questa arte che rende possibile il contatto con il territorio: un incontro vero con la campagna umanizzata, resa tale dal lavoro dell’uomo. Tenendo tra le mani uno qualsiasi degli oggetti intrecciati, è un po’ come istaurare un contatto diretto, profondo e interiorizzato con l’intero processo che ha dato luogo al manufatto, opera non solo del singolo che materialmente l’ha intrecciato, ma di tutti coloro che collettivamente lo hanno reso possibile, a cominciare da chi ha piantato il salice e ha curato il terreno che lo accoglie.
Ricordo che da bambina andavo a vendemmiare con un paniere grandissimo, per le mie piccole mani. Era consumato e alcune parti non s’incastravano più perfettamente tra loro, così fuoriuscivano, procurandomi dei piccoli sgraffi. Allora non attribuivo nessun valore particolare a quel contenitore che tuttavia non ho scordato e che ora emerge nei pensieri come un filo che mi lega alle origini.
Ero cresciuta su una scalinata che faceva da strada, delimitata dalla casa in cui abitavo. Sui gradini intrecciavano le nasse e mani frettolose riparavano quelle rotte, logorate dalla pesca. Quello era il mio terreno di gioco e ora attribuisco a quell’oggetto fatto di giunchi un legame con il mare. Ora più che mai comprendo perché sono attratta da quest’arte che racchiude l’essenza di un territorio e della cultura materiale che lo rappresenta. L’ho scoperto frequentando gli amici di Salicevivo, che si confrontano con le eccellenze di altri luoghi, di cui Josep e Magda costituiscono una delle espressioni più alte. Vedo le loro immense realizzazioni che ci mostrano in un video.
Si tratta di istallazioni mastodontiche e fantasiose.
Noi dovremo accontentarci ora di cimentarci con qualcosa di meno pretenzioso, ma non per questo riduttivo. Siamo scesi tutti in cortile, lo stesso in cui si fa la “capatura”. Ci divertiamo a dividere le canne, e non è semplice, per creare con queste altri intrecci e nuove esperienze.

Valentina Spinetti